Per la realtà algherese la strada maestra della sostenibilità passa anzitutto attraverso una gestione sostenibile degli insediamenti, che vuol dire un’urbanistica più estensiva di quella finora praticata
Un bilancio ambientale di inizio d’anno ci dice che gli storici problemi di sostenibilità della città di Alghero sono rimasti irrisolti. Eppure da qualche tempo tutti parlano di sviluppo sostenibile ed è positivo che un linguaggio proprio della cultura ambientalista vada estendendosi fino agli amministratori e ai decisori politici. Ci dicono che si tratta di quel tipo di sviluppo che conserva le risorse di cui disponiamo per le generazioni future. Ma nessuno ci spiega come si declina nel concreto la sostenibilità della città e del territorio. Cerca di chiarirlo l’Agenda 21 locale ed è certo che lo sviluppo compatibile intreccia una complessità di fattori, dai rifiuti all’energia e a molte altre cose.
Ma per la realtà algherese la strada maestra della sostenibilità passa anzitutto attraverso una gestione sostenibile degli insediamenti, che vuol dire un’urbanistica più estensiva di quella finora praticata, allontanandosi per sempre dal modello intensivo, dal centro urbano e dalle saturatissime B1 e B2 (del Centro storico non si dovrebbe neppure parlare). E significa cambiare la tipologia edilizia facendo prevalere la palazzina di cubatura limitata e bordata di verde al palazzone da periferia metropolitana tuttora in auge. Un cambiamento di rotta che aspettiamo da anni e che potrebbe venire dal Piano Urbanistico Comunale purtroppo ancora lontano.
Altro indicatore prioritario di sostenibilità è la gestione delle coste. Un proliferare selvaggio di concessioni, incuria, barracopoli, danno il segno dell’attuale utilizzo, fuori dal controllo dello stesso Comune. Tarda a venire quel Piano dei Litorali che dovrebbe disciplinare l’utilizzo dei territori prospicienti al mare secondo un disegno organico. E dovrebbe riappropriarsi della disponibilità delle nostre coste, ora in mano all’ufficio Demaniale della Regione che ne dispone come crede, mentre alcuni enti funzionali come l’SBS continuano a vendere pezzi pregiati del nostro territorio. Pochi sanno che l’intera costa di Punta Giglio è stata venduta a privati.
Dal turismo passa l’altra strada obbligata alla sostenibilità, che richiede che l’economia delle vacanze si integri con l´ambiente naturale, culturale e umano e che assicuri una dinamica durevole, integrata con le altre economie del territorio. Ma, in assenza di un piano organico, perdura il vecchio equivoco che vede il turismo unicamente in termini di posti letto, come fosse un’attività immobiliare. Noi pensiamo che la priorità di un turismo, improntato alla sostenibilità, sia prima di tutto la qualità ambientale del territorio e la sua messa in valore con la creazione di prodotti e servizi. Ci vorrà certo un’implementazione della ricettività alberghiera, meglio se impegnata in una gestione ecologica con l’utilizzo di adeguati protocolli come si fa già in tante parti del mondo. Ma l’offerta di base di un turismo sostenibile è ancora da creare. Dovrà essere fatta di prodotti durevoli come può essere lo stesso territorio infrastrutturato di percorsi fruibili, il Parco terrestre e quello marino con i servizi giusti, i musei tematici, i centri di Educazione Ambientale, i servizi del porto gestiti secondo un organico Piano portuale (altro problema irrisolto) e quant’altro serva a creare reddito dalla valorizzazione intelligente del territorio. Occorre dire, a onor del vero, che nel 2003 qualcosa di positivo si è cominciato a muovere. Sono da segnalare gli interventi di bonifica di siti inquinanti da amianto, mentre sul Parco regionale si è finalmente messo in moto un percorso di attivazione e su alcune tra le più importanti emergenze (depurazione, rete idrica) sono state avviate prospettive che dovrebbero vedere i primi risultati nel 2004. Sarà l’anno della sostenibilità?
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