Il fatto che non si sia ancora adottato lo strumento Urbanistico, costituisce una indubbia agevolazione per comprendere quale sia la vera natura di questa amministrazione
Considerato che in caso di adozione del PUC, probabilmente sarebbero potute passare inosservate, alcune azioni sul territorio che non vanno certamente in direzione dell’interesse generale, il fatto che non si sia ancora adottato lo strumento Urbanistico, costituisce una indubbia agevolazione per comprendere quale sia la vera natura di questa amministrazione nel momento in cui si accingerà realmente a porre in campo quel piano che secondo le dichiarazioni programmatiche enunciate in campagna elettorale, dovrebbe dare slancio e credibilità al progetto di sviluppo promesso da Tedde e che, la non adozione, bontà sua, “costituisce un indubbio limite a qualsiasi azione programmatoria”.
Con la motivazione di incidere profondamente nel disagio sociale derivante dalla disoccupazione, si pongono in atto azioni di attacco al territorio che, se viste con occhio attento, vanno incontro all’interesse immediato di pochi e a discapito della collettività attuale e soprattutto di quella futura.
Ho avuto parte nell’azione e ho combattuto battaglie politiche che ancora oggi vengono in qualche modo apprezzate da coloro che, più o meno noti, visitano il territorio di Alghero, elogiando la lungimiranza di quegli amministratori che, in epoca ancora non permeata dalla cultura ambientalista ma certamente attenta ai problemi della salvaguardia dei beni naturali non riproducibili, hanno preservato il territorio a Nord-ovest della città rendendolo di fatto un’oasi naturale di una bellezza e di una fruibilità immutata.
Le battaglie sulla centralità di Alghero, sull’esclusività del potenziamento del porto Turistico nella cornice della città murata, sulle drastiche riduzioni degli indici a Porto Conte, hanno avuto un successo postumo indiscutibile, all’epoca diverse giunte caddero, anche se, come si vede, ciclicamente si cerca di porre in discussione un’azione programmatoria vincente, con il ricatto psicologico del posto di lavoro.
Gli attuali amministratori che a volte decidono senza conoscere la storia recente di questa Città, non ricordano le avventure algheresi del sempreverde Baroudi il cui attacco alle coste algheresi, dopo un innamoramento che partorì il Baia di Conte, venne respinto proprio in sede di discussione del PRG attuale che, come dicevo, definì per la zona, le drastiche riduzioni degli indici che scoraggiarono le colate di cemento.
Sull’argomento di tutela delle coste algheresi, nel 1988, mi trovai ancora una volta a condurre e vincere una battaglia contro il cosiddetto Piano Particolareggiato per la fascia Costiera che, ove approvato, avrebbe costituito il cavallo di Troia per le modifiche delle norme del PRG anche su Porto Conte.
Mi ritrovo oggi a condividere, nella collocazione politica con il PSDAz, il grido accorato che il Partito Sardo d’Azione ha sempre lanciato contro iniziative dettate dalla speculazione e dall’uso del nostro territorio e della nostra identità a esclusivo vantaggio di interessi esterni: a fora sa razza comporadora.
Mi preoccupa, quindi, nella convinzione di uno sviluppo della zona affrancato dalla cementificazione, che, dopo il 1997, il buon Baroudi si riaffacci in terra Algherese con in tasca un progetto, allora accompagnato da uno stuolo di tecnici di area della sinistra, cosi come oggi si accompagna con tecnici di area di destra, contenente una proposta di un accordo di programma che ha sempre un solo filo conduttore: la cementificazione della zona.
“Non intendiamo fare speculazione (ritengo nell’accezione sfruttamento)” avrebbe proferito a mezza voce il Libanese. Mi chiedo quale imprenditore lo ammette apertis verbis, e averlo solamente pensato costituisce una excusatio non petita.
Sarebbe poco utile ai fini del discorso richiamare le traversie economiche dell’imprenditore che, per intenderci, non è il Barrack della Riviera del Corallo, mi preme invece richiamare quella idea di tutela del nostro Territorio di Porto Conte che ha costituito e costituirà il successo della nostra offerta turistica fatta non di case per bambole o peggio per i lussi di pochi, ma opportunamente attrezzata nell’ambito dello sviluppo sostenibile, orientato verso il rispetto della natura, sarà un bene indistruttibile e potrà essere sempre goduto, senza alterarne le caratteristiche, definitivamente anche dalle future generazioni.
Il Comitato del Parco di Porto Conte, rimasto finora una scatola vuota, capace solamente di erogare indennità di carica, faccia sentire la propria voce in merito e si faccia promotore di una energica azione di tutela, nell’ambito delle proprie prerogative, in termini di programmazione di un bene ambientale e paesaggistico irripetibile, che non ha necessità, per la valorizzazione e per lo sviluppo, di vigorose cure di cemento, ma solamente di fantasia nel programmare attività che nella fruizione generalizzata, portino incremento occupativo benessere e soprattutto protezione e salvaguardia per consegnarlo sempre vivo ai nostri figli.
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