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Luigi Coppola 24 maggio 2006
Aquamare: "…Senza parole fino alla fine del mondo…"
Il terzo album di Franca Masu, raccontato in un’esclusiva intervista


ALGHERO – Il battesimo oltre mare non poteva non avvenire in Spagna. Nella nona edizione della settimana per la lingua, promossa dal dipartimento di politica linguistica dell’Università di Valencia, lo scorso 5 maggio, Franca Masu ha incantato in Aquamare. Dalla scorsa settimana il cd è venduto in tutta Europa, Sardegna compresa. Generosa come sempre, Franca ci racconta il suo progetto di vita oltre i testi e le musiche (bellissime) di questo nuovo disco.




Aquamare è il tuo terzo disco. Rispetto ai precedenti la sua discontinuità è forte nell’internazionalizzazione del repertorio. Un salto maturo in un ambiente esterno all´isola che ha la bontà di far conoscere nella sua integrità, in un proscenio multilingue la tua musica che non è ristretta ad Alghero ma si apre a tutta la tradizione mediterranea. Può essere una chiave di lettura del tuo progetto?
«...La cosa che più mi affascina ogni volta che faccio qualcosa di nuovo è il dovermi confrontare con le “chiavi di lettura” che il pubblico, la critica o semplicemente gli stessi addetti ai lavori ( altri musicisti o tecnici del suono piuttosto che discografici o managements) propongono o delle quali spesso si convincono. Questo m’invita a riflettere di più su quanto ho prodotto e soprattutto mi aiuta a capire se c’è stata una comunicazione efficace, se sono riuscita a farmi capire davvero. In questo caso la mia risposta è sicuramente affermativa. Quando ho cominciato a lavorare su questo nuovo progetto musicale, avevo solo una cosa chiara in mente: volevo cantare in più lingue, quelle che mi appartengono naturalmente, per identità e per affinità. Volevo esprimere la mia vocalità in più contesti musicali, con parole che suonassero bene, che meglio avrebbero sposato le musiche offerte dai musicisti.Credo che questa sia stata la prova più divertente da affrontare…».

I testi sono bellissimi. A parte l´omaggio a Sergio Endrigo ("Cançó per a tu") quali sono le canzoni dove non hai partecipato alla stesura delle parole? Dove sono nate queste canzoni e dove le avete incise?
«...Le altre canzoni non mie sono due: “Sa mama ‘e s’abba” e “Alfonsina y el mar”. La prima porta le parole di Michele Pio Ledda che secondo me è il più grande paroliere che abbiamo in Sardegna. Compone per molti artisti già da anni, e ciò che rende Michele insuperabile è che lui sa perfettamente cosa significa scrivere versi per essere cantati. I suoi versi “suonano”.Tutti. La difficoltà consiste nel riuscire ad esprimere contenuti profondi con parole sonanti. Se le parole non suonano, la canzone non serve. La musica potrà anche essere di grande pregio. Ma chi deve cantare, non proverà piacere e non riuscirà a far vibrare al massimo la sua voce. E’ fondamentale avere al fianco un grande paroliere per chi deve cantare, e sono sicura che tornerò a cantare MichelePio Ledda. Perchè è una vera gioia. Questa canzone me l’ha indirettamente offerta Gavino Murgia,che è l’autore della musica, quando mi ha scelta come voce per un suo grande progetto artistico dedicato interamente all’acqua ABBAS’ABBA. Questo brano mi ha presa completamente, è come un mantra, è ciclico, è forte. Cantarlo è una vera liberazione dell’anima. Alfonsina y el mar l’ho appresa grazie a Fausto Beccalossi che mi incuriosì su questo brano. La scoprii casualmente dopo un po’ di tempo nella versione di Mercedes Sosa e quando trovai anche il testo, capii che avevo scoperto non solo una grande canzone ma soprattutto una donna straordinaria: Alfonsina Storni, la poetessa argentina morta suicida a Mar de Plata nel ’38. Approfondii le ricerche su questa donna, conobbi molte delle sue poesie, e mi innamorai sempre più dell’idea di poterla incidere anche io. Così scrissi al compositore che è ancora vivo, il grande pianista argentino Ariel Ramirez, per chiedere l’autorizzazione e lui mi rispose subito con una lettera bellissima dove mi augurava i migliori successi…”Alfonsina” è una delle canzoni che amiamo di più durante i concerti. Marcello Peghin e Michele Palmas ne hanno fatto un arrangiamento prezioso…».

Nei testi emergono stati d´animo e sentimenti portanti: la solitudine, la nostalgia per un tempo passato. Il silenzio diventa spesso un rifugio. Sono compensati da sensi, colori ed elementi della Natura che si vedono, sentono o toccano: il mare, il deserto, il vento. Tutti ingredienti di un corpo omogeneo che raccontano storie di passioni, amori. Incidono esperienze personali nel tuo canto?
«...Sì, posso dire che in gran parte questo AQUAMARE è frutto d’esperienze di vita. Ho lasciato che la penna andasse da sola, senza pensare troppo a quello che sarebbe stato rivelarsi, in fondo ho rivelato il mio modo d’amare. Amare ogni cosa, ogni momento. E in ogni immagine che do di me stessa la natura mi accompagna, il mare è sempre dentro ai miei occhi. Il silenzio è la dimensione che accompagna largamente le mie giornate,spesso d’inverno, quando vivo molto in solitudine. E’ allora che creo, ed è utile farlo, perchè poi quando arriva la stagione del lavoro, non si ha più il tempo e la condizione spirituale e mentale per farlo,…ma poi arriva il momento in cui serve avere i brani nel cassetto…e con la fretta si lavora poco e male…».

Due canzoni richiamano Alghero (Cares - Mirant Estrelles) quasi come una professione di fede: esisterebbe Franca Masu senza Alghero?
«...E’ una domanda importante… devo dire che a volte ci penso, quando questa città mi sembra ostile, nel senso che mi sembra tutto così difficile da qui, o per lo meno tutto si allunga o si complica terribilmente, per le distanze. Allora mi sembra di stare in una gabbia d’oro. Ma poi, mi accorgo che sono solo parole, sono pensieri passeggeri. No, credo che soffrirei molto, troppo. Alghero è il mio “bressol” è troppo complice della vita. Per andarmene dovrei avere un motivo veramente importante e delle opportunità talmente illuminanti che offrissero però la libertà e la possibilità di tornare qui ogni volta che lo desidero. Se mi tormento già così tanto per la nostalgia delle cose che non conosco, figuriamoci cosa sarebbe per me dover avere nostalgia di Alghero!..».

Aquamare perde la c per un cuore perso? e in Mare aperto che chiude il disco emerge l´insularità di un amore inespresso. C´è un filo particolare che lega la scelta delle lingue usate per le diverse canzoni?
«...’Aquamare che perde la c per un cuore perso’... mi piace come definizione, come immagine…ed ora che ci penso è anche così. Nel testo della canzone che ho scritto sulla splendida musica di Salvatore Maltana c’è un cuore che va via, e l’altro che rimane perduto, smarrito. In mare aperto , sulla musica struggente di Fausto Beccalossi, la metafora del mare-donna e dell’isola-uomo rivela una storia di frequente incomunicabilità di coppia. Quando i musicisti mi offrono una musica, al primo ascolto so già in che lingua voglio comporre le parole e di cosa scriverò. Devo essere ancora più sincera: se le storie che intendo scrivere mi appartengono o mi coinvolgono personalmente, preferisco scriverle in catalano, quasi per difenderle, per proteggerle. E per proteggere anche un po’ me stessa. Cantando in catalano mi sento più libera, anche di giocare con la voce, di attardarmi sulle sillabe, sugli accenti, è come che nessuno me lo possa impedire…In italiano, è diverso, stai rivelando a tutti, ma proprio a tutti quello che dici…e sei scoperta…».

C´è un brano in cui c´hai lasciato il tuo cuore, che preferisci più degli altri o vorresti dedicare a qualcuno o qualcosa in particolare?
«...Tria la vida è stata la prima canzone in assoluto che ho composto tempo fa per un eventuale nuovo disco, tutto da inventare, da scrivere dopo che “Alguìmia” mi aveva dato le sue belle soddisfazioni. C’era la necessità di una canzone nuova per una compilation che usciva con un quotidiano.Io ero spaventata per i tempi stretti in cui bisognava realizzarla, ma Marcello Peghin, mi ha quasi preso per mano, mi ha detto semplicemente: -Ascolta questa piccola melodia e dimmi se ti piace.- Io mi sentii subito come cullata dal mare, era una struttura apparentemente semplice ma ricchissima di accordi e arpeggiata. Questo mi piaceva: la ciclicità di quelle note. Era come un carillon, una di quelle musichette che da bambini ti rapiscono come in un sogno incantato, ti ipnotizzano. Ma mancava un ritornello, un cambio. Lui mi disse: prova tu a cambiare. Così, ho chiuso gli occhi ed ho cantato un motivo,inventandomi completamente la melodia. E più andavamo avanti e più mi sentivo dentro quella storia. Mi piaceva. Era un pò complessa, ma mi catturava. La musica era fatta. Bisognava scriverla, la storia. Non era un buon periodo per me, mio figlio aveva deciso di andare a vivere per conto suo. Ed io non riuscivo ad accettarlo, a capire. Era tutto così nebuloso, tutto fatto così in fretta. Lui si stava staccando da me, da casa. Ma io non ero pronta. E fra noi non c´era tanto dialogo. Ho lasciato così che la mia anima gli parlasse e gli dicesse le cose che provavo in quel momento e tutto quello che avrei voluto dirgli. Così è nata "Tria la vida". E´ la canzone più difficile in assoluto che io abbia mai cantato, per il coinvolgimento emotivo e anche per la complessità delle modulazioni. Ma è la canzone che nei concerti, specie in Catalogna, prende l´applauso più lungo. Ci mettiamo tutti un gran cuore nell´eseguirla. I musicisti sanno bene che significato ha per me…».

Una notazione per i musicisti: eccezionali tutti. Come riuscite a creare questa complicità sonora?
«...Marcello Peghin e Salvatore Maltana sono due grandissimi compagni di lavoro, di vita, due amici veri. Ho iniziato a cantare con Marcello, nel 1990. Marcello ha sviluppato una tecnica chitarristica unica, che non si può trovare in un altro musicista. Lui è speciale.Marcello mi conosce alla perfezione. Ha gusto. Le sue composizioni sono come abiti da sera che lui mi mette addosso. Salvatore Maltana è un musicista preciso e attento. Ha una cultura musicale spaventosa perchè è un grande professionista e possiede ascolti tra i più disparati. Non mi lascia mai sola quando canto. Sa esattamente di cosa ho bisogno. Questo fa si che io spesso ascolto molto più lui che tutti gli altri. Fausto Beccalossi è l´anima più sensibile che io abbia mai incontrato. E´ un musicista raffinatissimo e di gusto, sa essere forte ed incisivo quando serve, sa far sussurrare il suo accordeòn quando sente che è il momento. E´ fantasioso, è versatile, è tanguero.E’ un grande privilegio averlo incontrato. Mauro Palmas è il "principe delle mandole". Quando gli innumerevoli impegni gli permettono di essere sul palco con noi, il suo prezioso suono regala altre magie allo spettacolo. Mauro è unico. Ed è straordinariamente simpatico. Non vuole mai leggere le parti, e suona col cuore. Io lo adoro. Questi sono i quattro musicisti che più di tutti hanno dato un senso a quello che faccio, alla mia voce, al mio essere artista negli ultimi tre anni, da quando cioè, con il fortunato album "Alguìmia", il mio nome ha cominciato ad essere diffuso ed apprezzato. Con loro condivido non solo il palco, ma anche sensibilità, affinità, affetti. Tutti gli altri musicisti presenti nel lavoro, sono grandi professionisti, con alcuni avevo già lavorato, con altri è stata la prima volta. Sono stati tutti catturati da questo lavoro, e si sente nelle tracce che hanno lasciato. Amo la forza e la maturità di Gavino Murgia, l´entusiasmo e la precisione di Marco Malatesta, il tocco caldamente sopraffino del cajon di Andreu, la fantasia gioiosa di Andrea Ruggeri, la sensibilità flamenca di Maurizio Delrio, la poesia del Karel Quartet, la dolcezza malinconica della tromba di Giovanni Sanna Passino. Ma non basta solo eseguire bisogna anche coordinare, arrangiare, e dirigere. In sala d’incisione non si può perdere tempo. Ci vogliono un direttore e un produttore musicale. In questi due ruoli ho individuato Marcello Peghin e Michele Palmas. Tra loro c’è stata grande intesa. Perchè in entrambi c’è molto gusto e raffinatezza, c’è competenza. Io mi fido completamente di Michele Palmas, non è stato un semplice ingegnere del suono. Molto devo anche a lui devo se questo cd oltre ad un suono impeccabile, contiene soluzioni musicali di grande sofisticatezza. Non si dimentica mai, quando si confeziona un prodotto, il discorso della comunicazione, della grafica, dell’immagine. Aquamare è un bel lavoro dentro e fuori. Antonio Fois è un giovanissimo grafico algherese a cui io affido la cura della mia comunicazione, lui ha realizzato la grafica del mio sito internet e di Alguìmia. In Aquamare, ha seguito le preziose indicazioni di Giorgio Donini che ha ideato la copertina; Donini insegna fotografia e grafica ed è uno specialista della comunicazione. Mi conosce da tempo, ama la mia musica. Il risultato secondo me è eccellente. Anche qui ha contato moltissimo la sinergia tra competenze, la gioia di lavorare assieme, la freschezza delle idee. Quando tutti questi sentimenti e queste professionalità si incontrano e si respirano, possono nascere cose belle a autentiche. Come Aquamare…».

Nella foto Franca Masu e la copertina di Aquamare, approfondimenti su www.francamasu.com
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