Se si prende in considerazione il divario territoriale al 2013 la Sardegna si attesta su 83,2 considerando 100 il valore italiano e tra le diverse province quella a soffrire maggiormente questo gap è quella di Oristano con il 68,1. Le stime sui dati Istat dell´Ufficio Studi Confcommercio
ORISTANO - Le elaborazioni e stime dell'Ufficio Studi Confcommercio sugli ultimi dati Istat disponibili parlano chiaro: «senza consumi l’economia sarda non riparte». Il quadro mostra infatti una situazione poco rosea, spingendo gli esperti a premere su interventi immediati sull’economia sarda. Nel 2013 ad esempio i consumi pro capite hanno segnato in Sardegna un -4,1 percento (-3,8 la media in Italia), contro un calo medio dell’1,4 nel quinquennio 2008-2012 (-1,5 in Italia). Anche il Pil pro capite è calato del 4,8 percento a livello regionale (-1,6 tra il 2008 e il 2012), rispetto al -3,1 della media nazionale (-1,7 nel quinquennio 2008-2012).
Tuttavia una stima dell'associazione prevede un futuro meno a tinte fosche con il Pil che decresce “solo” dello 0,4 percento nel 2015 e una proiezione per il 2016 del +0,9, mentre un freno alla stagnazione si avrebbe con i consumi: +0,5 percento quest'anno e +0,2 percento per il 2016. Tornando però ai dati rilevati, nell’intero territorio sardo le due aree maggiormente colpite da questo calo sono le province di Cagliari e Sassari rispettivamente – 4,1 percento e – 4,7 percento, seguite da Nuoro, dove si registra un -3,4 percento e da Oristano con un -3,3 percento. Se poi si prende in considerazione il divario territoriale al 2013 la Sardegna si attesta su 83,2 considerando 100 il valore italiano e tra le diverse province quella a soffrire maggiormente questo gap è quella di Oristano con il 68,1.
«Questa è un fase di grande cambiamento nello stile dei consumi – ha dichiarato il presidente di Confcommercio Sardegna, Agostino Cicalò - e si stanno verificando due macro tendenze che modificano il comportamento dei consumatori soprattutto nel settore alimentare: così coesistono coloro che si orientano in base al prezzo basso e quelli che ricercano il prodotto di marca». E il divario tra queste due categorie pare stia aumentando con il calo redditi, comportando una propensione a scegliere sempre di più prodotti a basso costo, come dimostrato dal buon andamento dei discount. Per contro emerge una tendenza all’acquisto dei prodotti di marca e del prodotto alimentare di forte notorietà.
«E’ evidente – spiega sul finale - come questa situazione non può continuare ancora a lungo e se non vengono immesse risorse nel sistema economico delle famiglie e delle imprese attraverso due leve fondamentali: la ripresa degli investimenti pubblici e la riduzione dell’imposizione fiscale attraverso una riduzione della spesa pubblica inutile. I primi sono al palo da anni, mentre famiglie e imprese sono le più pressate d’Europa sul fronte fiscale. Per contro continuiamo ad avere una spesa pubblica insostenibile e sempre in crescita. Parlare di fiducia e di ripresa a percentuali da zero virgola – conclude infine - è un’illusione che non possiamo più permetterci».
Nella foto: Agostino Cicalò
Commenti