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Oristano NewsnotiziesardegnaOpinioniReferendumQuesta riforma sulla giustizia, no grazie
Luca Madau 21:43
L'opinione di Luca Madau
Questa riforma sulla giustizia, no grazie


Questa riforma? No, grazie. C’è un elemento che dovrebbe allarmare chiunque abbia a cuore la qualità della nostra democrazia: del referendum sulla riforma della giustizia si parla poco, e quando se ne parla lo si fa, spesso e colpevolmente, in modo fuorviante. Il dibattito pubblico viene ridotto a uno slogan apparentemente semplice e rassicurante: la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Un tema legittimo, su cui si può discutere serenamente. Il problema è che non è questo il cuore della riforma. La scarsa informazione sui quesiti referendari non è un dettaglio tecnico: è un grave fatto politico.

Perché quando una riforma viene presentata in modo semplificato, si sottrae ai cittadini la possibilità di comprendere cosa realmente cambia nell’assetto dei poteri dello Stato. E qui il punto è decisivo: questa non è una riforma neutra dell’ordinamento giudiziario, ma un intervento che incide sugli equilibri costituzionali tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario. La Costituzione italiana ha costruito un sistema molto chiaro: la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Questo non per tutelare i magistrati, ma per tutelare i cittadini. Il pubblico ministero, in particolare, è pensato come indipendente dalla politica, soggetto solo alla legge e obbligato a esercitare l’azione penale. È una scelta precisa dei Costituenti, nata dall’esperienza di uno Stato autoritario in cui l’accusa dipendeva dal governo.

Questa riforma tende invece a ridefinire la collocazione istituzionale del pubblico ministero, esponendolo maggiormente all’indirizzo del potere esecutivo e aprendo la strada a un ruolo più incisivo del Ministero della Giustizia nella definizione delle priorità dell’azione penale. È qui che molti costituzionalisti, magistrati ed ex giudici della Corte costituzionale individuano un rischio di accentramento del potere. Mettere in guardia da questi rischi non significa difendere lo status quo né negare che la giustizia italiana abbia necessità di essere discussa.

Significa riconoscere che i problemi della giustizia non si risolvono indebolendo le garanzie costituzionali, ma migliorando organizzazione, risorse, tempi dei processi e trasparenza. Quando si interviene sull’architettura costituzionale, le conseguenze non sono immediate né sempre visibili. Ma sono profonde e durature. Il fatto che i quesiti referendari non siano al centro di un confronto pubblico serio è già, di per sé, un problema democratico. Un referendum costituzionale non dovrebbe mai essere affrontato senza informazione, senza dibattito, senza consapevolezza. Soprattutto quando non è previsto alcun quorum e il risultato dipenderà solo da chi andrà a votare. Occorre andare a votare e votare NO. Questo referendum merita un confronto vero, non una scorciatoia comunicativa e populista. Merita che i cittadini sappiano che non si sta votando solo su un dettaglio tecnico, ma su un pezzo dell’equilibrio tra poteri che regge la nostra Repubblica.

*Consigliere comunale Partito Democratico Alghero
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