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Red 30 dicembre 2010
«Scontri pastori, repressione anni ’50»
Il Circolo SEL di Alghero esprime forte preoccupazione e sdegno per quanto accaduto ai pastori sardi a Civitavecchia


ALGHERO - Il Circolo SEL di Alghero esprime forte preoccupazione e sdegno per quanto accaduto ai pastori sardi a Civitavecchia, oggetto di una sorta di sequestro preventivo à la Gasparri, con il quale è stata impedita, in modo violento e antidemocratico, una pacifica manifestazione di protesta presso il Ministero delle Politiche Agricole.
«Una misura “preventiva” mai adottata prima, che pare abbia fatto scattare anche una inchiesta sui vertici delle forze dell’ordine protagoniste dell’intervento».

«C’è nel paese, governato da una destra zeppa di neofascisti, un’aria di repressione anni ’50 del dissenso sociale, che rischia di minare le basi democratiche della Repubblica - sottolinea il portavoce Balbina - e che evidente anche nel pericoloso arretramento del sistema delle relazioni industriali, con l’attacco al contratto nazionale del lavoro e una forma di indegno baratto fra investimenti e diritti, che la cura “Marchionne” sembra riservare ai lavoratori con l’alibi della globalizzazione».

«Fra le proteste che hanno alimentato questo tormentato 2010, quella dei pastori ha raggiunto le cronache nazionali, portando alla ribalta la crisi del mondo agro-pastorale sardo, giunta ad un livello di gravità, che mette a repentaglio la sopravvivenza stessa del settore.
L’intervento della Giunta Cappellacci - ricorda il politico algherese - che in un primo momento pareva andare incontro alle richieste dei pastori, si è rivelata, quasi subito, una sorta di gioco delle tre carte, che a tutt’oggi non ha rispettato vari punti dell’accordo, come la questione dei contributi da elargire entro l’anno o quella della condizione finanziaria delle aziende, strozzate da una montagna di debiti».

«In questo contesto - conclude Giancarlo Balbina - riteniamo puramente illusorio il tentativo del Governo in carica di impedire, con l’uso del manganello, la protesta del mondo del lavoro e delle campagne sarde. Tentare di trasformare il forte disagio sociale, che va sempre più allargandosi nel paese, in una questione di ordine pubblico da far gestire alle forze dell’ordine, per altro esse stesse sul piede di guerra contro i tagli che stanno inopinatamente subendo, è un sintomo di debolezza che rischia di aggravare la crisi in atto e di esacerbare ancora di più la reazione popolare».
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